giovedì 22 maggio 2014

Da oggi disponibile

Marta insegna in un istituto professionale di Milano. È una docente di sostegno, precaria. Questo vuol dire che ogni anno, quasi sempre, la scuola è diversa.
Marta ha poche ore a disposizione per seguire Luca e Livio -ragazzi giunti alle soglie della terza classe con poca voglia e scarse prospettive- e Guglielmo, costretto su una sedia a rotelle a fare i conti col mondo. Non è facile aiutarli nelle loro difficoltà, soprattutto se le variabili scolastiche si incrociano con i tanti problemi degli adolescenti e con le dinamiche di una classe, come sempre, variegata e ricca di personalità pronte a sbocciare. Altri ragazzi avranno bisogno di ben altro aiuto e non sempre con il coraggio di chiedere. Davanti alle urgenze della vita, qual è il ruolo di un docente di sostegno? Fin dove può o deve spingersi?
Sarà comunque un anno molto particolare, ricco di esperienze, incontri, cambiamenti e nuove emozioni. E per Marta potrebbe diventare l'occasione di un nuovo inizio. 

"Solo se tu vuoi", di Tina Scopacasa. 

martedì 20 maggio 2014

Mi presento

Ho 46 anni, sono calabrese di origine e milanese di adozione sin da quando, all'età di diciotto anni, sono venuta a Milano per frequentare l'università. Mi sono laureata in Scienze Politiche, indirizzo economico aziendale. Rientrata nella mia Terra ho avuto diverse esperienze lavorative (tranne quelle scolastiche). Poi, per motivi personali, mi sono trasferita definitivamente a Milano.

Sono abilitata, mediante concorso, all'insegnamento delle 'Discipline Giuridiche ed Economiche'. Ho conseguito la specialzzazione sul sostegno presso l'Università Cattolica di Milano, insegno con nomina annuale dal 2002.
Sono, quindi, finché dura, un'insegnante di sostegno precaria.

lunedì 19 maggio 2014

Dai banchi di scuola alla cattedra

I miei primi anni da ‘prof’ li definirei ‘scioccanti’.

Non mi ero ancora scrollata di dosso l’odore dei banchi di scuola che mi sono ritrovata, più per un caso fortuito che per scelta, a osservare alunni da dietro una cattedra e con un registro in mano. Eppure non mi sembrava più lo stesso mondo… Certo, direte voi, il ruolo era decisamente cambiato. Giusto! Ma non era neanche questo: quello che non riuscivo a fare era immedesimarmi in quei ragazzi.

É ben noto quanto sia faticosa l’adolescenza, ci sono passata anch’io, ma quanto potesse essere dura e difficile la vita per alcuni ragazzi non lo avevo mai pensato, ovattata nel mio piccolo mondo di paese e preoccupata solo dalla versione di latino e dalla funzione di geometria analitica.
Mi sono bastati pochi anni d’insegnamento in alcuni istituti professionali per aprire gli occhi.

Studentesse, di appena quattordici anni, costrette a vivere in comunità, sotto l’ordinanza giudiziale, perché chi avrebbe dovuto proteggerle... avete capito, no?

Ho incontrato ragazzi assillati fino all’inverosimile dalle famiglie e altri lasciati a se stessi al punto che sarebbero venuti a scuola anche a Natale pur di stare dentro una stanza con un po’ di calore umano. In mezzo a questi estremi c’è il rischio di incontrare di tutto: droga, alcool, anoressia, bulimia, schizofrenia…

Dall'idea al manoscritto

Vivendo diciotto o più ore alla settimana nelle classi dalla composizione molto variegata, si finisce inevitabilmente con l’essere investita dalle vite di molti di questi ragazzi. Da qui l’idea di scrivere questo pseudo anno scolastico sotto forma di romanzo. La trama (e con essa personaggi e fatti) è, ovviamente, inventata. Gli spunti, tuttavia, nascono dalla scomposizione/ricomposizione di molte, tante tessere, vissute direttamente o attraverso altri colleghi.

Perché questo libro


Solo se tu vuoi ha come obiettivo di gettare qualche semino nel terreno. Il terreno, ovviamente, è vario e soggettivo: può essere una classe, un alunno, un docente, un genitore. Non tutti i terreni sono uguali; ci sono quelli fertili e quelli aridi, in mezzo quelli che potrebbero diventare fertili o inaridirsi del tutto. Per far germogliare una pianta non basta un solo fattore, occorrono un insieme di variabili e un elemento indispensabile: la volontà.
Tra le righe del romanzo Marta, la protagonista, appare quasi irreale, una eroina. Non sfuggirà, al lettore attento e critico, che in realtà la prof innesca solo dei meccanismi di trasformazione e cambiamenti il cui successo o fallimento dipenderanno da molti altri fattori.

Marta entra nelle classi e osserva il comportamento degli alunni in molte discipline, ma non mette loro un voto. Sta in mezzo ai ragazzi e li aiuta, li rimprovera, li ascolta, cerca di dar loro gli strumenti per una buona integrazione nella classe sia tra di loro che con i ragazzi diversamente abili, cerca di far in modo che per gli studenti della classe la presenza del “diverso” sia una risorsa. Il docente di sostegno, per un alunno che presenta qualche difficoltà, non è una ‘colpa’, ma un’opportunità, così come lo è per l’intera classe.

Marta, come chiunque altro, può essere il “La” che da' il via all’ingranaggio del cambiamento o trasformazione, ma se questo non è coadiuvato da altri, si arresta subito e non va oltre un impercettibile movimento. I miracoli possano essere attivati da piccole cose e ciascuno può contribuire con piccoli gesti e attenzioni.
Come dire: a ciascuno il suo…